Gli orrori dello Zoo di Copenaghen: scienza o profitto?
Era il 9 Febbraio del 2014 quando lo zoo di Copenaghen si macchiò di un crimine che all’epoca fece scalpore per qualche giorno, passando dai media locali a quelli internazionali in poche ore, ma che solo otto anni dopo l’accaduto forse sarebbe apparso unanimemente raccapricciante agli occhi dell’opinione pubblica.
La prima domanda che dobbiamo porci è questa: che cosa accadrebbe oggi se una giraffa sana in uno zoo venisse uccisa, fatta a pezzi e data in pasto ai leoni davanti a centinaia di bambini per “fini didattici”?
Questo è ciò che è successo a Marius, una giraffa che viveva allo zoo di Copenaghen, finché non è stata uccisa con un colpo alla testa, fatta a pezzi, sezionata e data in pasto ai leoni e ad altri animali, perché “buttar via tutta quella carne sarebbe stato uno spreco”. Tutto questo sotto gli occhi di un pubblico passivo, se non indifferente, composto principalmente da bambini e dalle loro famiglie.
Marius era un cucciolo di giraffa di 18 mesi, perfettamente sano, che avrebbe potuto vivere oltre 35 anni in cattività, ma le rigide regole dell’Associazione Europea degli Zoo hanno messo prematuramente fine alla sua esistenza per ridurre i rischi di endogamia (la riproduzione tra animali che sono tra loro parenti stretti), che potrebbe peggiorare la qualità genetica dei discendenti e comprometterebbe le future generazioni dei gruppi in cattività. Le richieste di altri zoo di “adottare” Marius sono state respinte dallo zoo danese per le stesse ragioni, mentre la possibilità di castrare l’animale o utilizzare contraccettivi è stata rifiutata perché l’animale avrebbe sofferto non potendo sperimentare le sue caratteristiche etologiche e quindi la riproduzione. Le proteste in tutto il paese che supplicavano di lasciare in vita l’animale sono state inutili.
La dissezione di Marius aperta al pubblico

Non una mela marcia, ma il sintomo di un problema sistemico
La dinamica più subdola del sistema specista antropocentrico avviene quando si usano informazioni scientifiche a favore delle proprie tesi in maniera faziosa, che è possibile individuare facendosi le domande giuste, ad esempio: Perché gli zoo vogliono preservare il patrimonio genetico degli animali?
Il motivo non è certamente garantire il benessere individuale degli animali, come conferma la storia di Marius, ma garantire una certa stabilità sul piano dei guadagni economici a lungo termine: tanti animali sani necessitano di meno cure, garantiscono la nascita di cuccioli sani e danno l’impressione di maggior attenzione e professionalità alla struttura, migliorandone l’immagine per continuare a generare profitto, secondo questo meccanismo tutti gli individui che non corrispondono a questi criteri sono inutili e sacrificabili, possono diventare carne da macello serviti agli altri animali sani, non liberandosi da quella dinamica di lucro neanche da morti. Marius è stato ucciso non perché era l’unica scelta possibile, ma perché era quella più economica.
L’uccisione di Marius non è un caso isolato, lo stesso zoo ha dichiarato di abbattere allo stesso modo dai 30 ai 40 animali all’anno dando i loro corpi in pasto ai leoni, senza narcotizzazione perché renderebbe le carni non commestibili. Pochi mesi dopo questa vicenda la stessa sorte è toccata a dei cuccioli di leone, uccisi per fare spazio a un maschio adulto che non si sarebbe integrato con loro. Tutta questa vicenda non deve essere una pagina di cronaca nera su cui fare speculazione ma deve far riflettere sul tipo di narrazione che riguarda gli zoo che nasce da punti di vista parziali che raggirano la scienza a proprio favore per legittimare pratiche speciste e antropocentriche. Come sappiamo, gli esemplari presenti negli zoo Europei di oggi non sono animali selvatici, nascono in cattività e la loro sopravvivenza dipende dalle stesse strutture che lucrano sui loro corpi, sono animali privati della loro vita naturale e della possibilità di sperimentare i propri comportamenti etologici fin dal concepimento, eppure le decisioni che vengono prese sulla loro vita, sulla loro morte e sui loro corpi vengono continuamente giustificati dalla necessità di preservare la conservazione delle Specie, di mantenere forte il patrimonio genetico o di rispettare la loro etologia, finché si rimane all’interno dei margini di profitto. Bisogna riconsiderare la romanticizzazione degli zoo, soprattutto la loro presunta funzione educativa e pedagogica, non sono luoghi dove i bambini possono ammirare diverse specie di animali e interagire con loro, sono luoghi in cui gli animali nascono soggiogati da una logica di mercato, in cui le loro intere esistenze vengono messe al servizio dell’intrattenimento umano a qualunque costo, dove i cuccioli delle famiglie umane e privilegiate guardano altri cuccioli in gabbia, nati per restarci tutta la vita ed essere esposti all’occorrenza e chi lo fa notare viene silenziato dalla propaganda specista che mostra animali docili, sottomessi, abituati alla presenza umana e in simbiosi con essa, monitorati e coccolati e in gabbie sempre più grandi, ma pur sempre gabbie.

The African Fund for Endangered Wildlife (Kenya)
Vision: A world living in harmony with nature
Mission: Enhancing resilience in sustainable environmental conservation and education.
Il valore politico dei santuari
I santuari e i rifugi di animali sono luoghi in cui gli animali vengono liberati dalle logiche di profitto degli zoo, circhi e allevamenti ed è per questo che hanno un valore politico: dimostrano che la conservazione delle specie e l’impossibilità di reintegrare in natura animali nati in cattività non possono rendere giustificabile l’uso degli animali per il profitto umano, i santuari svincolano il singolo animale (non la specie) dal valore economico assegnatogli, gli animali da oggetti di tutela, come gli zoo li vogliono, diventano soggetti delle proprie singole e inestimabili esistenze. Conoscere gli animali in questi luoghi ha un valore del tutto differente, un vero valore pedagogico, dove bambini e adulti possono sperimentare una relazione sana ed equa con gli animali (quando loro lo vogliono) e interiorizzare il valore dell’autodeterminazione in maniera del tutto nuova, gli animali si autodeterminano perché non si può pagare per vederli, quindi non possono essere merce di scambio e il loro tempo su questa terra non ci appartiene.
Smettere di portare i bambini allo zoo è diventato necessario, per smettere di educarli alla schiavitù e all’antropocentrismo e soprattutto per tutti i Marius del mondo.